Rischio di malattia di Parkinson dopo la depressione
È stato valutato il rischio di malattia di Parkinson tra i pazienti con depressione utilizzando il Taiwan National Health Insurance Research Database ( NHIRD ).
È stato condotto uno studio retrospettivo su una coorte di 23.180 partecipanti ( 4.634 pazienti con depressione e 18.544 pazienti di controllo ) selezionati dal NHIRD.
I pazienti sono stati osservati per un massimo di 10 anni per determinare i tassi di nuova insorgenza della malattia di Parkinson e identificare i predittori di questa malattia neurologica.
È stato esaminato anche il rischio di malattia di Parkinson dopo aver escluso i pazienti che sono stati diagnosticati con malattia di Parkinson entro 2 o 5 anni dopo la diagnosi di depressione.
Sono stati identificati i fattori di rischio associati a insorgenza di malattia di Parkinson nei pazienti con depressione.
Durante il periodo di follow-up di 10 anni, 66 pazienti con depressione ( 1.42% ) e 97 pazienti di controllo ( 0.52% ) sono stati diagnosticati con malattia di Parkinson.
Dopo aggiustamento per età e sesso, i pazienti con depressione hanno mostrato di avere probabilità 3.24 volte maggiore di sviluppare malattia di Parkinson ( P minore di 0.001 ) rispetto ai pazienti di controllo.
Dopo aver escluso i pazienti che sono stati diagnosticati con malattia di Parkinson entro 2 o 5 anni dopo la diagnosi di depressione, i pazienti con depressione hanno avuto un rapporto di rischio più elevato per lo sviluppo della malattia di Parkinson rispetto ai pazienti di controllo.
Gli odds ratio per età ( OR=1.09 ) e depressione difficile da trattare ( OR=2.18 ) hanno dimostrato che ognuno è un fattore di rischio indipendente per la malattia di Parkinson nei pazienti con depressione.
In conclusione, la probabilità di sviluppare la malattia di Parkinson è maggiore tra i pazienti con depressione rispetto ai pazienti senza depressione.
La depressione può essere un fattore di rischio indipendente per la malattia di Parkinson. ( Xagena2013 )
Shen CC et al, Neurology 2013; 81: 17: 1538-1544
Neuro2013 Psyche2013